All’inizio dell’epoca romana, erano ancora i medici greci i veri protagonisti del progresso nella medicina nelle opere, nell’insegnamento e nella pratica professionale. Sfogliando i testi che sono arrivati sino a oggi, non è possibile trovare nulla di nuovo sulla conoscenza cardiologica. Nemmeno nel De Medicina di Celso (I secolo d.C.), che oggi è considerato l’unico trattato di medicina scritto nella lingua dei Romani, ci sono riferimenti alla struttura, alla funzione e alle malattie del sistema cardiovascolare. Il trattato contiene solo un breve capitolo sui disturbi cardiaci (De Cardiacis), ma non contiene una sola parola che si riferisca realmente al cuore. Celso parla solo dello svenimento e della sincope che hanno origine dalla debolezza dello stomaco. In questo contesto, ad esempio, la parola praecordia non aveva un significato preciso all’epoca, ma veniva usata indifferentemente per le parti del corpo situate sopra e sotto il diaframma. Questi problemi furono poi affrontati nel secondo secolo dopo Cristo da Galeno (138-201), che sistematizzò la medicina antica e fu il più grande medico dell’antichità, dopo Ippocrate. Con poche eccezioni, ogni espressione della conoscenza medica europea fino al Rinascimento faceva riferimento a Galeno. Nei suoi studi anatomici, Galeno non si accontentò di descrivere le parti osservate, ma ricostruì le loro funzioni. Nella sua visione unitaria del corpo umano, non voleva separare il concetto di struttura da quello di funzione. Portò avanti la convinzione che la necessità della dissezione dovesse essere posta davanti ai bisogni della patologia, per un’osservazione precisa. Osservazioni e concetti di fisiologia si trovano in tutte le opere di Galeno, che ha sempre affermato la necessità di riportare il suo ragionamento ai fondamenti biologici della medicina. Il lavoro interamente dedicato alla fisiologia è il De usu partium corporis humani. Sfortunatamente, il campo della fisiologia che più di ogni altro è stato costruito da Galeno su osservazioni e deduzioni errate è quello del sistema cardiovascolare. Per dare una spiegazione convincente del movimento del sangue nei vasi, Galeno elaborò uno schema di processi vitali, strutturato in parte su verità biologiche e in parte su congetture incoerenti. Questo sistema fisiologico, tramandato nel Medioevo, ha dominato incontrastato fino all’inizio dei tempi moderni. Immaginava che il corpo umano fosse dominato da 3 organi: fegato, cuore e cervello. Questi tre organi sono la sede e i centri di diffusione del “pneuma” (cioè l’essenza della vita nella sua teoria), che alimenta i 4 elementi di cui è composto il corpo (sangue, catarro, bile gialla e bile nera).
Per Galeno, il pneuma ha 3 forme:
1) Lo spirito naturale, basato sul fegato che presiede alla formazione del sangue e alle funzioni della nutrizione
2) Lo spirito vitale, basato nel cuore, che regola il corso del sangue e il calore del corpo
3) Lo spirito animale, che risiede nel cervello, dirige le alte funzioni di sensibilità e movimento.
È così che, secondo Galeno, ha luogo il processo fisiologico: il sangue ha la sua stazione principale nel fegato. In questo organo i nutrienti provengono dall’intestino. Lungo la ramificazione dei vasi venosi che origina e si irradia dal fegato, il sangue – animato dallo spirito vitale – si diffonde in tutto il corpo.
La distribuzione si diffonde con un movimento ondoso di flusso e riflusso. In questo modo, gli organi irrorati assorbono il sangue di cui hanno bisogno e rimandano ciò che risulta in eccesso agli altri organi. Con questa attività, la funzione del fegato e del sistema venoso non si esaurisce. Uno dei rami venosi che si irradiano dal fegato (la nostra vena cava) raggiunge la parte destra del cuore e qui il sangue svolge due funzioni essenziali per la vita:
1) La maggior parte del sangue si ferma nel ventricolo destro per essere purificata: per questo, parte del sangue ritorna nei polmoni in ciascuna sistole cardiaca, per espellere con la respirazione e scaricare nell’atmosfera le sue impurità. Così purificato, ritorna alle vene.
2) Una piccola parte del sangue venoso passa dal ventricolo destro a sinistra, attraverso i pori invisibili del setto intraventricolare. Qui, sotto l’influenza del calore innato del cuore, con l’aria che proviene dal polmone ad ogni inalazione, il sangue elabora quella forma superiore di spirito, che è lo spirito vitale, e lo distribuisce in tutto il corpo, attraverso la ramificazione arteriosa .
Pertanto, secondo Galeno, il cuore è il centro del calore innato ed è simile a una piccola fornace in cui l’intensità del fuoco è variabile. L’aria della respirazione polmonare alimenta il calore e lo mantiene in una corretta combustione, la espirazione ha invece un effetto attenuante. Se l’aria eccede, la combustione aumenta e il calore normale diventa febbre; se invece l’aria è scarsa, il fuoco viene attenuato e, smette di entrare, si spegne e la vita finisce. Secondo queste antiche ipotesi immaginative, la vivificazione del sangue non viene effettuata nel polmone con gli scambi respiratori, ma nel cuore con la miscelazione del sangue, attraverso i pori immaginari invisibili del setto interventricolare.
Oltre a questi, esiste una terza attività fondamentale nel sistema fisiologico di Galeno: alcuni dei rami arteriosi che iniziano dal cuore con il sangue ricco di spirito vitale raggiungono il cervello, dividendosi in una rete molto sottile dove nasce lo spirito animale, etereo sostanza che si diffonde in tutto il corpo attraverso i nervi (considerati da Galeno come canali vuoti) e presiede alle delicate funzioni psichiche e nervose. Questo è senza dubbio un contributo importante allo sviluppo del pensiero fisiologico, poiché Galeno restituì così al cervello la sua vera natura di organo centrale del sistema nervoso, già previsto da Alcmeone e poi negato da Aristotele (la concezione aristotelica si è sempre basata su l’idea che il cuore ospitasse sentimenti, emozioni e intelligenza).
Un altro contributo di Galeno fu la correzione dell’errore fatto dagli studiosi della scuola alessandrina, che credevano che solo il cuore destro e il sistema venoso fossero pieni di sangue, mentre il cuore sinistro e le arterie sarebbero stati vuoti e senza sangue, dato che il loro compito era portare lo spirito vitale nelle varie parti del corpo. Galeno dimostrò che era sufficiente perforare qualsiasi arteria o il cuore sinistro per vedere il sangue fuoriuscire, che, a differenza di quello delle vene, era vaporoso e tenue (le sue esatte parole), derivante dalla miscelazione del sangue con l’aria prelevata dal polmone. Il centro delle arterie, per Galeno, era il cuore sinistro, che nella sistole inviava sangue arricchito di spirito vitale per far rivivere gli organi. Il centro della vena era il fegato, da cui il sangue nutritivo viene spinto in tutte le parti del corpo. Questi preziosi contributi sono tuttavia oscurati da due errori cruciali inerenti al sistema Galeno: la porosità del setto e il reflusso sistolico. Ciò indica che Galeno era molto lontano dal concetto dinamico di funzione circolatoria. Credeva che il sistema venoso e arterioso fossero due sistemi chiusi indipendenti l’uno dall’altro, non aveva pensato all’esistenza del piccolo e alla grande circolazione attraverso la quale il sangue, con un movimento circolatorio, parte dal cuore e ritorna al cuore. Infatti, Galeno nei suoi trattati non ha mai usato né il concetto né la parola circolazione: è apparso per la prima volta negli scritti di Cesalpino (XVI secolo). Nei secoli successivi la più grande virtù di Galeno, quella di essere un esempio e una guida nel percorso di osservazione e sperimentazione, avrebbe potuto dare un valido impulso al progresso della scienza. Ma ciò non è accaduto, in parte a causa della doppia anima del metodo di Galeno: da un lato, nel suo programma di studi ha seguito rigorosamente la ricerca biologica, dall’altro ha sempre voluto dare una spiegazione ai fatti osservati. Quando l’osservazione non fu abbastanza per risolvere il problema, si rifugiò in ipotesi astratte e speculazioni filosofiche. Se la vita di Galeno fosse durata alcuni secoli, Galeno avrebbe probabilmente corretto i suoi errori; le caratteristiche della costruzione galenica hanno però rappresentato un grave ostacolo allo sviluppo della medicina fino ai tempi moderni.
Per secoli l’ipse dixit di Galeno ha dominato nella mente degli studiosi che, anche quando iniziarono a sezionare i cadaveri e a osservare il corpo umano più da vicino, non osarono mai contraddire totalmente la sua dottrina. Gli errori emersi dall’osservazione anatomica furono quindi attribuiti ai copisti o al fatto che la struttura dell’uomo era cambiata nel tempo. Il primo a contraddire Galeno attraverso l’osservazione anatomica fu Mondino de ‘Luzzi, che nel 1270 fondò la cattedra di anatomia all’Università di Bologna.