Antonio Maria Valsalva, nato ad Imola il 17 gennaio del 1666, compie i suoi studi presso la Facoltà di Medicina e Filosofia dell’Università di Bologna, sotto la guida del maestro Marcello Malpighi che, insieme al proprio allievo Giovan Battista Morgagni, formano una triade medica di insegnamento e di indagine scientifica importantissima per l’influenza che ebbe sull’evoluzione del pensiero e della medicina moderna.
Laureatosi nel 1687, si iscrisse all’albo dei medici bolognesi ed iniziò subito ad esercitare con successo, ciononostante, la sua grande passione furono l’anatomia e le ricerche anatomiche, di cui applicò i risultati investigativi alla chirurgia e alla medicina, dissezionando i cadaveri dei pazienti che aveva assistito in vita, per poterne scoprire le reali cause di decesso. La fama universale arrivò nel 1704, quando il Valsalva diede alle stampe il famoso “De aure humana”, alla cui stesura aveva collaborato il fidato allievo Morgagni e che aveva richiesto più di quindici anni di ricerche e più di mille dissezioni di teste umane. Dall’anno seguente ottenne l’incarico di “pubblico lettore ed ostensore” di anatomia e lo svolse fino alla sua morte, avvenuta per un’apoplessia, il 2 febbraio 1723.
Sebbene Valsalva diede importantissimi contributi all’anatomia, scoprendo i seni dell’aorta, alla chirurgia splenica, di cui può essere considerato il fondatore, e alla chirurgia delle vie urinarie, in questa sede verrà preso in esame solo il suo apporto alla cardiologia.
Non esistono opere di Valsalva relative a questo settore della medicina, ciononostante le sue numerose osservazioni cardiologiche sono riportate ampiamente negli scritti del Morgagni e questo basta per inserirlo nei grandi maestri della cardiologia.
Tra le intuizioni di particolare importanza, ne annoveriamo in merito alle cardiomegalie, al polso venoso positivo, alle pericarditi acute e croniche e alle dilatazioni cardiache riscontrate nei pazienti che avevano sofferto di infiammazioni croniche ai polmoni e che il Morgagni interpretò con maestria, precorrendo la definizione di “cuore polmonare”. Riguardo alle pericarditi sierofibrinose e acute essudative, in particolare, il Valsalva dà prova di una notevolissima capacità diagnostica, nonché di estrema cura ed esattezza nell’esporre la sintomatologia dei malati presi in esame. Da notare, ad esempio, come nelle sue storie cliniche venga per la prima volta accostata la lesione cardiaca al reumatismo e alla tonsillite o come vengano annotati alcuni sintomi delle pericarditi croniche e adesive, nonché sulla genesi degli stessi. Nell’opera del Morgagni, il “De Sedibus et Causis Morborum per anatomen indagaris”, inoltre, sono numerosi gli accenni alle osservazioni di Valsalva sulla patologia dell’aorta e degli altri vasi arteriosi, in particolare degli aneurismi, per i quali egli stesso ideò uno specifico metodo di cura che diede risultati eccellenti, in termini di sopravvivenza dei pazienti. L’idea di tale procedura, seguita da numerosissimi clinici,
è originata dal concetto che diminuendo la massa e soprattutto la violenza del sangue, che è la causa immediata dell’aneurisma, fosse probabilmente possibile ritardare il processo di sfiancamento delle pareti arteriose. Di conseguenza, mise a punto un sistema di cura che fosse tanto efficace quanto anche un solido aiuto per il futuro, vale a dire una procedura che agisse attraverso il prelevamento di una ben determinata quantità di sangue, prima, e un attento regime dietetico poi. L’efficacia di questo metodo fu tale che, seppur con talune modifiche, venne largamente adoperato, sino a quasi tutto l’Ottocento, salvo poi perdere progressivamente di popolarità poiché applicabile solamente, come pure riportato dalle indicazioni dello stesso Valsalva, ai pazienti di notevole resistenza fisica e che fossero in condizioni nutrizionali e di sanguificazione ideali, da poter sopportare i salassi ed i digiuni.
Un altro vanto delle ricerche del medico imolese sono state quelle effettuate sugli ascitici, attraverso esperimenti fatti con il fuoco o con la mescolanza di diversi composti, atte a comprenderne la provenienza e la modalità di formazione del versamento, onde trarne elementi per una formulazione diagnostica e prognostica.
Insieme al suo maestro Malpighi e a Wallis, il Valsalva svolse un ruolo di enorme rilievo nell’indirizzare il proprio allievo, Morgagni , alla scoperta della non patologicità di alcuni coaguli rinvenuti nel cuore dei
cadaveri che molti pensavano sintomi di alterazioni cardiache pre mortem, e, inoltre, osservò gli effetti della legatura dei nervi vaghi del collo, scoprendo in tal modo la cosiddetta “vago pneumonite”, nonché le variazioni della frequenza del polso in rapporto agli atti respiratori, arrivando a formulare la teoria che l’inspirazione favorisse il corso venoso dei tronchi vicino al cuore.
In conclusione, non si può che ribadire l’apporto fondamentale che il Valsalva, eccelso anatomista, sommo clinico e validissimo medico pratico, diede allo sviluppo della medicina e della chirurgia in ambito cardiologico, sia per ciò che svolse e scoprì in prima persona, sia per l’influenza che ebbe sul suo allievo e sul progresso delle conoscenze anatomiche, fisiologiche e patologiche dell’essere umano, nonché, da ultimo, sul metodo d’analisi, di indagine e sullo sviluppo scientifico della medicina moderna.